Il percorso continua in discesa e dopo la statua di bronzo a Cola Filotesio, ci dirigiamo verso l’inizio del Corso di Amatrice, Piazza Antonio Serva, che deve il nome all’amato medico e rispettato Sindaco che operò nel Comune dell’Alto Lazio fino agli anni 90′.
Al suo centro si trovava il monumento ai Caduti, un piccolo gruppo bronzeo di fattura moderna e su di essa si affacciava la chiesa principale di Amatrice: Sant’Agostino, eretta nel 1428 dai monaci Agostiniani ma che solo nel XVIII venne dedicata al santo di cui porta il nome in quanto all’inizio era stata edificata in onore di San Nicola di Bari.
Tra la fine del 1500 e 1825, S. Agostino è stata interessata da numerosi interventi di restauro perchè colpita da incendi (verificatisi nell’abside nel 1580 e nel 1781) o resa pericolante dal susseguirsi di eventi naturali tipici in una zona a così alto rischio sismico e dal sacco di Carlo V.
Risulta essere quasi completamente distrutta, rinforzata da impalcature che mantengono in piedi ciò che è rimasto, il campanile non esiste più, crollato in seguito alle forti scosse del gennaio 2017 e tutto il lato Ovest è andato completamente perduto.
Adesso è solamente un rudere del quale si conserva il lato destro e il portale romanico in marmo bianco che visivamente emerge dalla struttura interamente realizzata in pietra arenaria locale, così come costituiva punto nevralgico dell’apparato decorativo, il maestoso rosone risalente in realtà al 1930 che sostituì l’antica finestra quadrata.
Prima del terremoto il portale era già stato privato, causa furto, delle statue di terracotta della Madonna e dell’Arcangelo Gabriele che ne ornavano la lunetta ed è l’annunciazione a tornare nel grande tesoro di questa chiesa che era il pregevolissimo affresco raffigurante L’Annunciazione di Carlo Crivelli, pittore veneziano particolarmente apprezzato dalle pinacoteche britanniche che hanno acquistato molti dei suoi lavori esponendoli alla National Gallery. Crivelli realizzò una versione universalmente nota dello stesso tema iconografico, L’Annunciazione di Ascoli, sempre conservato a Londra.
Il Crivelli lavorò e morì ad Ascoli Piceno, capoluogo marchigiano a pochi chilometri da Amatrice e arricchì entrambi i comuni con le sue opere; conobbe anche Cola Filotesio che evidentemente influenzò.
Questo portale presentava le sottili colonnine della strombatura che digradavano verso la porta vera e propria e poggiavano su basi adornate di motivi floreali mentre quelle più esterne poggiavano su basi a leone, motivo faunistico che ritrovavamo anche in alto, sui capitelli, a reggere le cuspidi.
L’archivolto era qualcosa di eccezionale, un susseguirsi di motivi simbolici e sculturine di monaci che correvano lungo tutto questo elemento architettonico tipicamente romanico che altro non è che ciò che inquadra la lunetta.
Sant’Agostino era ad una sola navata era impreziosita da delle vetrate che si susseguivano nei lati lunghi Est ed Ovest, inquadrate in finestre lunghe, a sesto acuto, del tutto assimilabili al gotico le cui vetrate colorate recavano motivi a carattere eucaristico.
L’interno possiamo dire che riservasse sempre sorprese, infatti dalla fine del XIX scorso c’è stato un susseguirsi di scoperte di affreschi dei quali si conservava memoria nelle fonti o che non erano stati mai minimamente citati e ancora schizzi preparatori che erano stati forse ricoperti dai vari lavori di rifacimento del XVII secolo, dagli altari barocchi e dagli stucchi che si erano sovrapposti nel tempo.
Nel 1894 tornarono alla luce due dipinti attribuiti a Dioniso Cappelli, noto e apprezzatissimo pittore locale, originale interprete dello stile rinascimentale al quale diede una veste nuova in una variante locale peculiare; a lui era stata inizialmente attribuita L’Annunciazione del Crivelli, mentre di mano sicura è la Vergine con Bambino.
Nel 1895 Sant’Agostino ancora richiamava maestranze locali per la decorazione e quell’anno Domenico Ferri, pittore marchigiano, dipinse la pala d’altare raffigurante la Madonna con Rosario.
Le squadre di rilevamento danni del MiBACT, assistite dai restauratori dell’ISCR con la collaborazione dei Vigili del Fuoco, dei carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, del personale della Protezione Civile e del volontariato, hanno completato l’intervento di messa in sicurezza delle opere d’arte conservate nella chiesa; si è proceduto in particolare al recupero, con braccio elevatore, dei due grandi dipinti posti sulla controfacciata gravemente lesionata: un olio su tela di Luigi Cherubini del XIX secolo, raffigurante S. Francesco di Paola e un olio su tela di anonima fattura risalente al secolo scorso, raffigurante il Matrimonio mistico di S. Caterina.
È stato inoltre recuperato un dipinto di ambito laziale del XVII secolo, raffigurante un Martirio di San Lorenzo collocato sulla parete di fondo, in prossimità dell’inserzione con la parete di destra che è quella ancora parzialmente in piedi.
Tutte e tre le tele presentano lacerazioni e abrasioni diffuse ed è stata anche prelevata l’intera Via Crucis costituita da altorilievi in terracotta realizzati nel secolo scorso da Ghino Sassetti che non hanno presentato particolari danni.
Arianna Santini