
La falsificazione delle opere d’arte ha origini antichissime, risalenti persino agli antichi Romani. Già da allora si era soliti copiare alcune delle statue greche più belle, firmandole con i nomi di grandi artisti greci come Prassitele e Mirone. Questa della falsificazione è una pratica che, quindi, si è sviluppata con la storia dell’umanità e che si è rivelata presente in ogni periodo della storia dell’arte. La produzione di falsi d’arte riguarda opere non soltanto contemporanee al falsario, ma anche precedenti ad esso. È questo il caso del noto Sarcofago etrusco, rinvenuto in una necropoli a Cerveteri, l’antica città di Cere. Gli Etruschi erano il popolo più importante dell’età preromana e si stabilirono originariamente nella regione compresa tra l’Arno e il Tevere, che da loro prese il nome di Toscana.

Il periodo di massimo splendore della loro civiltà fu intorno al IV secolo. La loro arte è soprattutto funeraria poiché viene dalle necropoli, tra le quali le più importanti sono quelle di Cerveteri, Tarquinia e Chiusi. Inoltre il materiale prediletto era la terracotta, usata anche per i sarcofagi. Il sarcofago di cui si è accennato, venne datato al 500 a.C. e acquistato a caro prezzo dal British Museum di Londra, nel XIX secolo, il quale lo espose per lungo tempo nella sala dedicatagli. Si trattava, in realtà, di un falso realizzato da due fratelli scalpellini, molto abili: Pietro ed Enrico Pinelli. I due riprodussero il sarcofago esemplato su quello conservato nel Museo del Louvre e, dopo averlo completato, sostennero di averlo trovato nella necropoli della già citata Cerveteri. La scoperta della falsità dell’opera avvenne, invero, proprio ad opera di Enrico Pinelli, allora restauratore dal Louvre, il quale, nel 1893, informò casualmente gli esperti del museo della presenza del sarcofago creato da lui e dal fratello e da essi poi acquistato. Immediatamente si procedette alla rimozione del falso reperto archeologico, il quale venne trasferito nei sotterranei del museo e lì dimenticato. I due fratelli scalpellini crearono tantissimi altri capolavori in argilla, inondando il mercato italiano.

Elisa Barbato