
Le notizie sulla vita di Valentin Louis de Boulogne (Coulommiers, Brie, 1594 – Roma 1632) sono scarse. Incerto è anche il nome, il quale a volte risulta come Jean Valentin o Moïse Valentin, come spesso usava firmarsi, anche se il suo vero nome dai documenti risulti essere proprio Louis. Stabilitosi a Roma intorno al 1621, entrò in contatto con artisti francesi e nordici, guardando in particolare all’attività di Bartolomeo Manfredi, un pittore stretto seguace di Caravaggio, con cui Valentin strinse anche una grande amicizia, ma anche con Simon Vouet – suo possibile maestro- e Nicolas Poussin .

Dal 1627 iniziò a lavorare per la famiglia Barberini, in particolare per il cardinale Francesco Barberini, suo protettore e mecenate, ed è proprio in questo periodo che la sua attività è maggiormente documentata. Come Manfredi, anche Valentin rielaborò la lezione caravaggesca: si concentrò soprattutto nella riproduzione di scene di osteria, concerti, giochi – ambienti che era solito frequentare e che rendeva con potente naturalismo.

I suoi quadri, eseguiti per ricchi amatori come Barberini e Cassiano Dal Pozzo, si ammantano di grande drammaticità, i personaggi esprimono sempre grande dignità e gli sfondi – che creano un grande senso di minaccia- raffigurano taverne e sordidi covi. Le sue opere presentano tutte una profonda indagine psicologica e sono caratterizzati da un uso della luce che crea preziosi effetti. Valentin dipinse, però, anche quadri storici e religiosi, come la famosa Allegoria di Roma del 1628, commissionatagli proprio dal cardinale Barberini e oggi conservata in Villa Lante ed il Martirio dei SS. Processo e Martiniano, eseguito per la Basilica di S. Pietro e oggi conservato nella Pinacoteca Vaticana. Quest’ultima opera, con la quale l’artista raggiunse l’apice della sua fama, venne eseguita tra il 1629 e il 1630, fu l’ultimo lavoro compiuto dall’artista, il quale morì piuttosto giovane all’età di circa quarant’anni.
Elisa Barbato