La mostra Tempo Barocco, ospitata nel rinnovato spazio espositivo di Palazzo Barberini dal 15 maggio al 3 ottobre 2021, a cura di Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori, intende ripercorrere le tappe più importanti della scienza, dell’arte e della letteratura del XVII secolo indirizzando il visitatore in un percorso tematico dedicato a tutti i molteplici volti del tempo. Questo concetto fondamentale per l’uomo viene esplorato in tutti i suoi aspetti, dal mitico e anziano Crono – Saturno per la tradizione latina – ai trattati di misurazione, passando per gli orologi, oggetti inaspettatamente unici e di grande fascino.

I 750 metri quadrati in cui si dipana l’esposizione, tornati nel 2006 sotto la tutela delle Gallerie Nazionali d’Arte antica di Roma, sono il primo “tempo” presente nella mostra, quello del suo contenitore. Le stanze dello spazio espositivo sono quelle che con ogni probabilità erano destinate a Francesco Barberini, cardinal nipote di Urbano VIII.

Tornando al percorso espositivo, dopo la sala introduttiva si trova una sala con un filmato che ha l’intento di guidare il visitatore nel più ampio contesto del Barocco, epoca dello stupore e dell’idillio presenti non solo nelle opere d’arte mobili, ma anche nel tessuto urbanistico di Roma, dove le residenze cardinalizie e gli spettacolari monumenti degli spazi cittadini.

Le prime tre sezioni offrono una visione della raffigurazione del Tempo come figura mitica. Il tema viene rappresentato non solo come il vecchio alato e severo assimilato a Saturno della tradizione classica e rinascimentale, ma anche attraverso metafore derivate dalla poesia antica: le età dell’uomo, i rapporti di Crono (dio del Tempo) con l’antagonista Cupido (dio dell’Amore); le personificazioni delle Ore e delle Stagioni, metafore del tempo calcolabile, e quelle della Bellezza, della Verità, della Speranza, dell’Occasione e dell’Eternità. Dipinti, affreschi, specchi e orologi che presentavano questo tipo di decorazioni avevano il ruolo di scandire il tempo del palazzo e della vita familiare, rievocandone i momenti più significativi.

La quarta sezione è dedicata al tema della Vanitas, dove la natura morta è protagonista, dove teschi, clessidre, orologi, frutti ammaccati, fiori appassiti ricordano agli uomini la precarietà della bellezza e la fragilità della vita umana, mentre l’ultima sezione è dedicata agli aspetti della teatralità e della meraviglia, protagonisti di tante opere realizzate dagli artisti che lavoravano a Roma nel corso del Seicento, e che scelsero di rappresentare i propri soggetti nel momento culminante dell’azione, evidenziandone la drammaticità. Uno degli esempi più calzanti di questo tema è la Morte di Cleopatra di Guido Cagnacci. L’intera composizione ruota intorno alla figura della regina d’Egitto, circondata da un gruppo di ancelle che, da sinistra verso destra, scoprono il drammatico evento. Sui loro volti, che sembrano quelli di una stessa modella, si dipingono le diverse emozioni: dalla richiesta di aiuto alla paura, dall’incomprensione alla disperazione del pianto, fino alla rassegnazione.

Fin dalla prima sezione è possibile notare un singolare parallelismo tra pitture, disegni e sculture e orologi. I meccanismi più complessi e svariati prodotti tra XVI e XVII secolo sono tra i protagonisti della mostra, capaci di dimostrare come la decorazione di questi preziosissimi oggetti andasse di pari passo con le sperimentazioni tecniche di quegli anni, culminate nel 1656 con il deposito del brevetto del pendolo da parte dell’olandese Christiaan Huygens.

Uno degli orologi più significativi tra quelli esposti è il meccanismo da consolle raffigurante il Trionfo dell’Amore sul Tempo realizzato entro i primi anni del XVIII secolo nell’ambito della bottega di André-Charles Boulle (Collezione privata, fine XVII- inizio XVIII secolo, da un disegno di G.A. Pordenone). Inedito e conservato nelle sue forme originali – costruito e decorato con legno, intarsi di tartaruga, ebano, madreperla, bronzo e ottone – è stato notato in una collezione privata e restaurato per l’occasione proprio da Palazzo Barberini, facendo ritornare l’oggetto allo splendore originale.

Le due sculture decorative, che intendono invitare lo spettatore a cogliere l’attimo del sentimento senza temporeggiare, accompagnano il ritratto di re Luigi XIV posto nella posizione del mezzogiorno sul quadrante, sopra il quale, in volo e con la palma del vincitore, si trova il piccolo Cupido, dio dell’Amore, mentre nella parte inferiore l’anziano Crono tiene nella mano destra una bilancia che regge una lama di rasoio e stringe nella sinistra una falce recante una frase latina traducibile con «Mentre misuri sei falciato». L’inconsueto attributo della bilancia-rasoio fa riconoscere in questa personificazione quella del Tempo come Occasio che invita lo spettatore a cogliere l’attimo senza lasciare che lo scorrere degli eventi gli impedisca di concludere le proprie imprese, soprattutto quelle di carattere sentimentale e passionale. Del resto, quel che rimane degli uomini sulla terra sono le azioni mosse dall’amore e dall’entusiasmo, non certo dal loro tergiversare.

L’immagine guida della mostra è tratta dalla tela che rappresenta Il Tempo sconfitto dalla Speranza e dalla Bellezza di Simon Vouet, immagine-guida della mostra. In quest’opera viene raffigurato il tema della precarietà della vita umana in forma allegorica. Al centro Crono, con in mano la clessidra e la falce ai piedi, combatte con la Bellezza, rappresentata con la lancia e il seno scoperto, che lo afferra per i capelli. A sinistra, la Speranza si serve dell’ancora, e dell’aiuto dei due amorini, per uncinare le ali del tempo.

Il tempo profano, quello del Palazzo, è rappresentato anche dai bozzetti degli affreschi di Pietro da Cortona e di Andrea Sacchi affiancati dai disegni per lo specchio di Cristina di Svezia su modello berniniano, è affiancato dall’ossessione e dalla passione per il tempo di uomini di Chiesa come Alessandro VII e Filippo Neri. Se il primo, pontefice della famiglia Chigi, è rappresentato nel percorso espositivo da uno dei meccanismi notturni progettati dai fratelli Campani per la sua esigenza di silenzio e per la leggibilità al buio, raffigurante un’allegoria del tempo composta da una Fuga in Egitto e da un Cupido che scaglia una freccia e l’allegoria della Fortuna-Occasio, il santo della gioia è presente nella sezione dedicata alla vanitas con il piccolo orologio da persona proveniente dalle stanze dell’Oratorio realizzato dalla manifattura di Giovanni Maria Barocci (1563), che presenta una raffinata decorazione floreale centrata da una raffigurazione della Madonna Vallicelliana. Il proprietario dell’orologio fu proprio Filippo Neri, collezionista di strumenti di misurazione del tempo, legati al tema della vanità e della brevità delle ricchezze terrene su cui si basava la sua predicazione.

L’allestimento della mostra accompagna il visitatore in un vero e proprio viaggio nel tempo, che attraverso citazioni e cromie che sembrano fuoriuscire dalle opere nelle pareti, propagandosi e inondando lo spazio circostante fino ad accompagnare lo sguardo degli spettatori dalle opere pittoriche ai preziosi orologi esposti in teche che, attraverso la loro illuminazione, valorizzano ancor più i preziosi meccanismi presentati.
Queste tecniche espositive rendono maggiormente visibili alcuni dei preziosissimi orologi in mostra, tra i quali, oltre a quelli già ricordati, si trovano oggetti come il monumentale orologio con la figura alata del Padre Tempo dall’Iparművészeti Múzeum Budapest, dove il dio sorregge a fatica il quadrante su cui le cifre sono indicate in numeri romani: il peso delle ore che gravano sulle spalle del vecchio dio del mito mettono in evidenza, per contrasto, la moderna misurazione scientifica del tempo, l’Automa in forma di Elefante, completamente bardato come in occasione di una cerimonia. Sulla schiena, coperta da un tappeto con frange e decori, poggia una torre quadrata davanti alla quale è seduto un giovane cornac – nome con cui in India viene chiamato il conducente dell’animale. Il ragazzo tiene nella mano destra un bastone e nella sinistra un tridente e il Totenührli (Orologio con scheletro) proveniente da Zurigo, piccola preziosità della sezione dedicata alla vanitas, dove un piccolo scheletro in piedi al centro del quadrante indossa una corona d’alloro e con la mano sinistra, intorno alla quale si avvolge un serpente, impugna una lunga freccia con la funzione di lancetta che indica i numeri sul quadrante.

La mostra è accompagnata da un catalogo approfondito e molto utile per avvicinarsi ed analizzare gli aspetti più specifici di tutte le opere in mostra.
Tante altre meraviglie dell’arte e della tecnica orologiaia attendono i visitatori, che avranno l’opportunità di ammirare e approfondire un tema così prezioso come quello del tempo, soprattutto in questo momento storico.
INFORMAZIONI:
MOSTRA: Tempo Barocco
CURATORE: Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori
SEDE: Roma, Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13
APERTURA AL PUBBLICO: 15 maggio – 3 ottobre 2021
ORARI: martedì – domenica 10.00 – 18.00. Ultimo ingresso alle ore 17.00.
CATALOGO: Officina Libraria
Lara Scanu