“Quell’antico vaso andava portato in salvo” recitava una nota pubblicità italiana, e pare che a New York, qualche anno fa lo abbiano “ salvato” il piccolo vaso Ming, quello che da fermaporte e incompreso, è divenuto protagonista di un’asta che lo ha battuto a 1,3 milioni di dollari.
La fama dei vasi Ming viaggia nel mondo come la stessa ceramica ha fatto soprattutto sotto questa importante dinastia, che regnò in Cina dal 1368 al 1644 ed è comprensibile quindi, che al pensare la ceramica cinese, per un occhio occidentale e inesperto, si delinei nell’immaginario questo che più che un vaso ben definito è un concetto, un’espressione ormai radicata che indica valore.
Ma quali sono le produzioni di questa dinastia che si sostituì a quella mongola degli Yuan?
In alcuni casi si tratta di produzioni nate secoli prima, ma perfezionate, come quella della cosiddetta ceramica“ bianca e blu”, una produzione che si sviluppa a partire dal IX secolo nell’Iran centrale e che consiste nella decorazione di vasi bianchi con un pigmento color blu, l’ossido di cobalto, ( applicato a mano dopo la cottura del vaso, miscelato con acqua; dopo l’essiccatura della decorazione, viene applicato uno smalto chiaro e segue la cottura ad alta temperatura), materiale che proviene dalle miniere mediorientali e che dà luogo a produzioni come quelle della dinastia Tang ( 618 – 917 ), di cui abbiamo alcuni frammenti ritrovati in un relitto di una nave a Belitung, in Indonesia nel 1998, e quella della dinastia Song ( 960 – 1279).
Ma è proprio con la dinastia Ming ( 1368-1644) che assistiamo all’apice della porcellana bianca e blu, al periodo d’oro di questa produzione: come detto precedentemente, il cobalto veniva importato dalle miniere mediorientali, mentre proprio sotto questa dinastia si trova anche in Cina, e proprio il materiale proveniente da quest’ultima, e le sue proporzioni all’interno della miscela con quello mediorientale, hanno permesso una datazione dei reperti di questo periodo, periodo che si ricorda ad esempio per le straordinarie produzioni eseguite sotto gli imperatori Yongle ( 1403-1424), Xuande ( 1426-1435), Chenghua ( 1465- 1487) e Zhengde ( 1506-1521).
I vasi Ming non vivono tuttavia reclusi entro il confine imperiale, ma viaggiano grazie all’esportazione favorita da una politica aperta verso l’esterno ( tra 1405 e 1433, ad esempio, iniziano le esplorazioni dei mari del Sud e dell’Oceano Indiano) giungendo così in varie parti del mondo tra cui Iran, Indonesia, Europa e Giappone.
Un’altra produzione di rilievo fu il cosiddetto “ bianco di Cina”, un vasellame caratterizzato da un’argilla definita “ Bianco latte”, bianca e pura e la sua vetrificazione avviene a 1200° C.
Proviene da Jingdezhen e dal Fujian ( Dehua ) e si tratta di prodotti caratterizzati da una coperta untuosa e nel caso dei primi, si può trovare l’ anhua, un “ decoro segreto” che si rivela per trasparenza: la tecnica prevede l’incisione di un motivo su porcellana, ricoperto successivamente di cera. Si applica poi una vetrina e successivamente si cuoce a 1350 ° C . Una volta che si è vetrificato, il calore fa sciogliere la cera rivelando così l’anhua, che può essere poi inciso e vetrificato a sua volta.
Quelli provenienti dal Fujjan invece, hanno un coperta maggiormente impastata, ma presentano un problema di datazione, in quanto questi forni sono attivi ben oltre l’epoca Ming, fino al XVII secolo.
Sotto i Ming non si produsse solo bianco e blu e allora ci si sposta nello Shanxi, dove troviamo i colorati vasi della produzione di Fahua o ancora nello Jiangsu, con le terre rossastre non verniciate della produzione di Yixing.
Un repertorio di immagini e colori, una ceramica dalle linee sinuose e variopinte, dal giallo sgargiante al blu notte, dove teorie di uomini, draghi, piante e decori segreti emergono portando il fascino orientale agli occhi dell’osservatore occidentale moderno, riaffiorando come simbolo di un’antica civiltà e dei suoi valori, di cui i Ming furono una delle tante espressioni.
Ilaria Esposito