Il corredo della dama di Chiunsano

Nella quarta sezione espositiva dedicata al Medioevo del Museo dei Grandi Fiumi, a Rovigo, si possono ammirare i preziosi gioielli appartenuti alla nobildonna ostrogota nota agli studiosi come la Dama di Chiunsano.

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Il magnifico corredo funerario, composto da gioielli e ornamenti d’argento, anche dorato, è stato portato alla luce, insieme allo scheletro integro della donna, il 2 settembre del 1991, nella terza campagna di scavo condotta da Hermann Büsing, dell’Università di Bochum (Germania).

La sepoltura, risalente all’epoca delle invasioni barbariche e datata intorno al 500 d.C., era collocata all’interno di una villa rustica abitata dall’età repubblicana al IV secolo d.C., anche se non in maniera consecutiva, situata nella località di Chiunsano, tra i comuni di Ficarolo e Gaiba. Si tratta della prima tomba barbarica rinvenuta nella provincia Polesiane.

Grazie alle analisi antropologiche, sappiamo che la dama aveva tra i cinquanta e i sessanta anni al momento della morte.

Al momento della scoperta, la defunta era in posizione rannicchiata e portava un anello d’argento con pietre rosse alla mano sinistra, un bracciale d’argento all’avambraccio sinistro e un lungo spillone d’argento dorato tra i capelli. Gli ornamenti della veste non sono stati trovati nella loro posizione originale: la fibbia da cintura, decorata da nove gemme rosse, stava vicino il ginocchio sinistro; e una delle due fibule d’argento è stata trovata tra i piedi. Questo fa pensare ad una parziale spoliazione della salma poco tempo dopo la sepoltura.

 

I reperti sono stati catalogati in questo modo:

  1. a) spillone d’argento.

È anche chiamato ago crinale. Era usato per le acconciature a corona. La testa è a sezione quadrata dorata.

 

  1. b) anello d’argento.

È composto da una piastrina di vetro color rosso scuro a forma di losanga, e da quattro pietre della medesima tonalità, poste agli angoli.

Le pietre sono realizzate con il taglio detto a “cabochon”, caratterizzato da una o due superfici convesse, arrotondate, lucidate ma non sfaccettate. Il fondo di una pietra così tagliata può anche essere piatto, o addirittura concavo allo scopo di dare maggior luce alla gemma e farne risaltare il colore.

 

  1. c) fibbia da cintura d’argento con parti dorate.

È formata da una cornice quadrata, decorata da linee ondulate scavate con agli angoli quattro pietre di color rosso scuro, che sormonta una lamina d’argento, sulla quale sono incastonate altre cinque gemme di cui una a forma di goccia. L’anello della fibbia è massiccio, mentre l’ardiglione è cavo e presenta orecchie laterali come decorazioni.

 

  1. d) un bracciale a tamponi d’argento.

La tecnica è quella della fusione massiccia con trattamento di superficie liscio.

  1. e) due fibule a staffa d’argento con parziale doratura.

Sono costituite da una testa semicircolare con tre bottoni applicati, una staffa romboidale centrale decorata da spirali ad intaglio e una maschera zoomorfa. La bordatura e costolatura mediana sono decorate da triangoli con tecnica a niello, che consiste nel riempire i solchi di un’incisione a bulino su una superficie metallica, preriscaldata, con un composto nero di rame rosso, argento, piombo, zolfo e borace, che si scioglie a contatto con il calore; dopo essersi raffreddato, il metallo viene lucidato e levigato.

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Fanno parte del corredo anche due anelli in bronzo (f) e una grande perla in pasta vitrea a sfondo blu (g). Tutta la produzione è stata individuata come di origine danubiana/italica, databile dalla fine del V al VI secolo.

 

In conclusione si può affermare che la Dama di Chiunsano apparteneva probabilmente a un gruppo aristocratico e che occupava una posizione di rilievo all’interno della comunità ostrogota. Inoltre, il ritrovamento di una sepoltura in una villa rustica fa supporre un riutilizzo delle strutture romane del sito di Chiunsano in età barbara.

 

Elda Cleriti

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