In dettaglio. Il serpente nella cultura europea dall’antichità al tardo Medioevo

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Hendrick Goltzius, Apollo e il serpente Pitone, 1589, incisione

La mitografia vuole che il santuario di Delfi sorga là dove Apollo avrebbe sconfitto il drago-serpente Pitone, figlio di Gea. L’immagine della sopraffazione di un mostro dalle sembianze di serpe è quindi conosciuta sin dalla notte dei tempi e con essa una certa assonanza di questo animale con qualcosa di non buono, un motivo che diviene, com’è noto, famoso nel momento in cui in Europa si diffonde il Cristianesimo – e prima ancora lo era nella tradizione ebraica, che il Cristianesimo stesso mutua.

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Adamo, Eva e il serpente, dettaglio dalla decorazione architettonica della Cattedrale di Notre Dame, Parigi

La figura del serpente, reo di aver spinto in tentazione Eva e quindi Adamo e aver contribuito attivamente alla loro cacciata dall’Eden e alla condanna per il genere umano a soffrire, diviene simbolo di malvagità soprattutto nel Medioevo, tanto che la presenza dell’iconografia del peccato originale nei pulpiti e agli ingressi delle maggiori cattedrali europee è notevole; altresì, il serpente viene concepito dalla cultura cristiana, a un livello filosofico più alto, simbolo di libero arbitrio.

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Paolo Uccello, San Giorgio uccide il drago e salva la Principessa, 1456 ca, National Gallery, Londra

Da non dimenticare la doppia natura dell’antico rivale del dio greco di serpente e anche drago, considerato anch’esso simbolo del demonio – e quindi speculare al serprente – la cui sconfitta coincide con ideali di trionfo del bene sul male; la conferma di ciò è la straordinaria fortuna della leggenda di San Giorgio sin dal primo Cristianesimo.

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Raffaello, San Giorgio uccide il drago, 1505 ca, Louvre, Parigi

Per approfondire…

Sul mito di Apollo e Pitone:

Ovidio, Metamorfosi, I, vv. 416-451

U.V. Wilamowitz, Der Glaube der Hellenen, II, p. 28

Sul peccato originale:

L.F. Ladaria, Antropologia teologica, p. 270Fabris, Il peccato originale come problema filosofico

Su San Giorgio:

Künstle, Ikonographie d. Heiligen, pp. 263-279

 

Clarissa Gissi

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