Un Artista Totale: Alberto Savinio

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Andrea Francesco Alberto de Chirico, greco di nascita ma indubbiamente musicista di cuore. È questa la sua prima formazione, che compì tra il pianoforte e la composizione entro il 1903 ad Atene, dove viveva con il padre Evaristo, la madre Gemma Cervetto, e i fratelli Giorgio, celebre pittore, e Adele.

In seguito alla morte del padre, si trasferì in Italia brevemente e poi si stabilì a Monaco di Baviera nel 1906. Oltre allo studio del contrappunto musicale con Max Reger, s’impegnò nello studio della filosofia, avvicinandosi ai pensieri di Otto Weininger, Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche.

Ben presto capì di non avere una buona carriera da musicista e dunque si trasferì nel 1911 a Parigi, dove conobbe molti esponenti delle avanguardie artistiche contemporanee, tra i quali Pablo Picasso, Blaise Cendrars, Francis Picabia, Jean Cocteau, Max Jacob e Guillaume Apollinaire. Dal 1914 decise di adottare lo pseudonimo Alberto Savinio, pubblicando Les chants de la mi-mort nella rivista Les Soirées de Paris.

L’anno successivo, insieme al fratello Giorgio, tornò in Italia. Dopo aver soggiornato a Firenze, si arruolarono entrambi nell’esercito italiano e furono destinati al 27º reggimento di fanteria di Ferrara, dove erano già in contatto con Filippo de Pisis e Carlo Carrà. Nel 1916 strinse sempre di più i rapporti con Giovanni Papini e Ardengo Soffici, iniziando a collaborare per “La Voce” di Giuseppe De Robertis, dove appaiono a puntate i primi capitoli di Hermaphrodito. La sua produzione letteraria, fondamentale per i suoi inizi, è caratterizzata da composizioni sperimentali in forme narrative brevi o miste, trascurando il romanzo. In Hermaphrodito, infatti, si alterna prosa e poesia, italiano e francese, stile aulico e disfemismi, mescolando assolutamente diversi ed antitetici tra loro. La produzione successiva, fatta soprattutto del genere romanzo, presenta una trama molto flessibile, con significativi interventi ironici e surreali. Si dedicò, anche, alla stesura di biografie, come quelle dedicate a Nostradamus, Eleutherios Venizelos, Felice Cavallotti, Paracelso, Arnold Böcklin, Jules Verne, Vincenzo Gemito, Carlo Collodi, Antonio Stradivari, Guillaume Apollinaire, Giuseppe Verdi, Lorenzo Mabili, Cayetano Bienvenida, Isadora Duncan, e diari di viaggio, quest’ultima forma indubbiamente sentita anche a seguito delle sue vicende personali, tra le quali quella vissuta durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1917, dove venne inviato come interprete a Salonicco, sul fronte macedone.

Dopo la fine del conflitto venne trasferito a Milano e nel 1923 si stabilì a Roma, dove aveva già dato mostra delle sue abilità di scrittore pubblicando su e “Valori plastici” e “La Ronda”. Nel 1924 fu tra i fondatori della “Compagnia del Teatro dell’Arte”, diretta da Luigi Pirandello.

Nel 1926 sposò Maria Morino, attrice della compagnia teatrale di Eleonora Duse, che diede alla luce i due figli Angelica (1928-2020) e Ruggero (1934), entrambi seguaci nell’arte del padre, la prima come gallerista, il secondo come pittore. Nel 1927 si trasferì con la moglie a Parigi, dove si dedicò definitivamente alla pittura.

La sua poetica pittorica si contraddistingue per alcuni particolari temi trattati, come quello del: fantastico, dell’ignoto e della compenetrazione uomo-animale, dello smascheramento degli autoinganni e delle certezze borghesi, della parodia soprattutto della mitologia, dell’ironia e del citazionismo. Savinio fu tra gli artisti oppositori di alcuni degli elementi cardine dell’avanguardia di primo Novecento, come ad esempio il principio futurista della distruzione dei musei o la scrittura automatica surrealista, preferendo di gran lunga i riferimenti alla grecità classica, guadagnandosi l’appellativo di “surrealista mediterraneo”.

Tornò in Italia nel 1933, dove collaborò con il quotidiano “La Stampa” tra il 1934 e il 1940. Nel 1934 si trasferì a Roma e nel 1938 André Breton lo incluse nell’Anthologie de l’humour noir. Nel 1941 avvenne il sodalizio con Bompiani, che da allora divenne suo editore di riferimento, ma nel 1943 fu costretto alla fuga dopo aver appreso di essere stato inserito in una lista di sospetti antifascisti. Vinse ottenendo il Premio Saint-Vincent per il giornalismo nel 1949 per la sua attività di critico culturale sul “Corriere della Sera”.

Lavorò come drammaturgo e regista, scrivendo opere e drammi per il teatro e nel 1952 propose per il Maggio Musicale Fiorentino la celebre Armida di Rossini con Maria Callas, curando scenografie e costumi.

Morì nel 1955 e dopo la sua morte gli venne dedicata una mostra retrospettiva all’interno della Quadriennale di Roma curata dal fratello Giorgio de Chirico.

Lara Scanu

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