Emozione Napoletana. Vincenzo Irolli

Vincenzo Errico Geltrude Irolli nacque il 30 settembre 1860 nel Quartiere Avvocata di Napoli, terzo figlio dell’architetto Luigi e di Clotilde Fedele di 40 anni, entrambi partenopei.

La sua iniziazione alla pittura avvenne all’età di 17 anni, nel 1877, anno in cui si iscrisse alla Accademia di Belle Arti della sua città natale, dove ebbe modo di apprendere le tecniche artistiche da Gioacchino Toma e Federico Maldarelli, sebbene subì influenze di vari altri artisti presenti nella metropoli campana, come quella di Francesco Paolo Michetti.

La giovinezza si consumò tra la casa paterna di Calvizzano e Galleria Umberto I di Napoli, presso la quale lavorava il mercante d’arte Ettore Ragozzino, curatore delle sue opere. Altro suo importante protettore sarà Domenico Morelli, pittore e successivamente senatore del Regno d’Italia, il quale lo notò tra il 1878 e il 1879 portandolo, nel 1880, a conclusione del percorso accademico, a vincere il Premio della XV Mostra della Promotrice Salvator Rosa, rendendolo celebre ad una maggiore platea pubblico e favorendone definitivamente una veloce e fortunata ascesa artistica e commerciale.

Specializzatosi in particolare nella ritrattistica, genere che di fatto lo rese noto al grande pubblico, partecipò più volte con degli studi dal vero, nati dalle osservazioni dei vicoli o dell’ambiente teatrale come anche nel caso dell’opera qui in analisi, alle esposizioni della Società Promotrice napoletana.

Il 1887 e il 1922 lo vedranno tra gli artisti protagonisti nella laguna veneziana, partecipando dapprima all’Esposizione Nazionale Artistica di Venezia e poi alla XIII Biennale.

Tra il 1889 e il 1890 partecipò alla decorazione pittorica della Birreria Gambrinus di Napoli, dove realizzò il riquadro raffigurante Piedigrotta con una fanciulla in veste di Venere e uno Cupido, sotto le mentite spoglie di uno scugnizzo napoletano, che suona il putipù al posto della lira.

Continuò a vivere a Napoli, trasferendosi dapprima al Vomero e poi al quartiere Stella verso Capodimonte, e contemporaneamente crebbe il suo successo: espose a Monaco di Baviera (1890), Berlino (1892; 1894), Roma (1893), Genova (1892), Milano (1894) e Parigi (1907, Salon; 1909, Salon d’Automne e Salon per la Société Nationale des Beaux-Arts – XIX Esposizione), dove i francesi lo celebrarono come artista “extrêmement habile” e “séduisant”.

La critica estera lo premiò, mentre quella italiana non gli rese giustizia, forse forte anche della conoscenza della sua fase più commerciale e delle numerose repliche da sue invenzioni di più scarso valore, che al tempo continuarono a passare sotto il suo nome. La sua produzione è caratterizzata da una significativa velocità del tratto, accompagnata in moltissimi casi dalla scelta di supporti molto agili e duttili, utili sia alla vendita sia al grande collezionismo. Queste peculiarità consentono al pittore di potenziare al massimo le capacità dell’espressione, acrescendo il linguaggio emozionale irolliano. Purtroppo, in alcuni periodi della sua carriera fu penalizzato da seri problemi economici, che lo portarono a realizzare numerose opere di facile commerciabilità che cedeva ad un rivenditore di materiali artistici, il quale a sua volta li faceva copiare ad altri pittori in cerca di fortuna e capaci, a vari livelli, di emulare il suo sentimentalismo cromatico. Tale produzione posticcia, di cui sembrerebbe far parte l’opera in analisi, è stata tutta attribuita al nostro pittore, talvolta danneggiandone l’immagine.

Nel 1933 organizzò la sua prima personale a Bari e nel 1936 partecipò alla Mostra di Arte Sacra di Napoli, divenendo ancor più ambito tra i collezionisti.

Morì a Napoli, nelle vicinanze di Capodimonte, nel 1949 all’età di 89 anni.

Lara Scanu

Per il catalogo del pittore, consultate l’archivio dell’artista:

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